La sospensione della prescrizione infra-gradi

Il Parlamento ha approvato in via definitiva la c.d. “riforma Orlando” del processo penale, tra poche luci e non poche ombre, che l’Avvocatura penale non ha mancato di segnalare (inutilmente), anche con azioni decise di contrasto.

Uno dei punti critici è la riforma della prescrizione, ovverosia del tempo necessario per esaurire la pretesa puntiiva dello Stato rispetto ai reati da perseguire. Se è indubbio che lo Stato deve poter perseguire i respnsabili di condotte criminose, è altresì certo – oltre che costituzionalmente previsto – che questo debba avvenire entro tempi “ragionevoli”. La previsione di un tempo massimo per giungere ad una sentenza che definitivamente dica se una persona è responsabile o meno di una sua condotta penalmente rilevante ha proprio la logica di garantire il cittadino in questo senso. Questa riforma, senza incidere minimamente sui meccanismi del processo ed a parità di organici di magistrati e cancellieri, decide che la prescrizione resti sospesa, quindi non decorra, sia dopo la sentenza di primo grado che dopo la sentenza di appello,  per 18 mesi.

In altri e più chiari termini, si “regalano” ad una macchina processuale già lenta, altri 3 anni per concludere tutto il processo: Il risultato, facilmente immaginabile, sarà solo quello di allungare ancora i tempi dell’accertamento della verità a discapito del cittadino sottoposto a giudizio e da ultimo, c’è da esserne certi, non diminuirà minimamente il numero dei processi che vengono dichiarati estinti per prescrizione.

Insomma, si è deciso di affrontare un problema vero non con una soluzione, ma con l’elusione del problema: un’operazione che non salverà il “malato giustizia”.

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