Le prime iniziative del nuovo Ministro di Giustizia, avv. Severino, come oggi riportate dagli organi di stampa, paiono concentrarsi su una proposta legislativa c.d. “svuotacarceri”.
Il tema del sovraffollamento delle carceri, tanto più rilevante ed allarmante in relazione allo stato generale degli istituti di detenzione e pena italiani, è sicuramente uno dei punti più dolenti della giustizia penale e, dunque, rincuora, che il nuovo Guardasigilli già se ne occupi a poche settimane dal suo insediamento.
Il rimedio trovato, per ora a livello di disegno di legge, tuttavia non è né nuovo, né destinato ad essere strutturale: si tratta, in buona sostanza, di modificare, estendendolo, il periodo di pena detentiva che il condannato può espiare in detenzione domiciliare: l’art. 1 della legge 26/11/2010 n° 199, ad oggi vigente, dispone che <<la pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, è eseguita presso l’abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, di seguito denominato domicilio>>. Nell’intento del Ministro, tale periodo di dodici mesi arriverebbe a diciotto, con un’estensione perciò di sei mesi che il condannato per reati “minori” (cioè quelli che già non sono esclusi dall’applicazione di questa disciplina più favorevole) potrà espiare al domicilio.
Se l’intento perseguito è buono e anche le previste conseguenze pratiche, in termini di “svuotamento” delle carceri, lo sono altrettanto, osservo tuttavia due cose:
– questa disciplina prende in considerazione solo l’esecuzione delle pene detentive brevi, mentre ancora una volta non ci si occupa minimamente di prevedere efficaci misure alternative alla custodia cautelare in carcere, ovverosia alla detenzione intramuraria di chi – ed è un numero altissimo – ancora non ha subito alcuna condanna, spesso neppure in primo grado di giudizio. Reputo questo, personalmente, un vero scandalo per questo Paese;
– la disciplina della L. 199/2010, che ora si vuole modificare nel senso visto – è per definizione transitoria: la premessa posta dal citato art. 1, infatti, recita: <<Fino alla completa attuazione del piano straordinario penitenziario, nonché in attesa della riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2013…>>. Ecco il punto dolente, dunque: se la proposta di legge del Ministro di Giustizia vuole essere un “ponte” in attesa della riforma strutturale della materia, credo che essa sia da salutare con favore; ma il timore è che essa sia, invece, il modo più veloce per dimenticare la necessaria attuazione del piano carceri e il quanto mai urgente ripensamento delle misure alternative alla detenzione carceraria, a qualsiasi titolo applicata (si pensi, ad esempio, a quanto facilmente si potrebbe ottenere questo risultato dilatorio se venisse modificato il termine di efficacia, ad oggi tassativo, del 31/12/2013!).
Su questo aspetto auspico che l’attenzione e il pungolo dell’Avvocatura sul ministero rimangano elevati.